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Cosa mangiare in caso di cistite?

Cosa mangiare in caso di cistite è un aspetto importante della terapia di attacco al problema anche se si tratta di area di intervento a cui non sempre viene data la giusta rilevanza.

Innanzitutto va premesso che quando si parla di cistite ci si riferisce di solito ad un’infiammazione della vescica urinaria. Si tratta di un problema piuttosto fastidioso e molto diffuso, soprattutto tra le donne, che non di rado si presenta in forma recidivante e pertanto snervante. L’infiammazione della mucosa vescicale può essere di origine batterica, virale, micotica oppure ci si può trovare di fronte, e non è raro, ad una cistite asettica ovvero un’infiammazione della mucosa senza riscontro di microrganismi patogeni.

L’urinocultura è pertanto sempre necessaria per stabilire con certezza di che origine sia il disturbo ma a volte anche attraverso una prima analisi della situazione si può supporre se si tratti di un’infezione oppure di una più semplice infiammazione abatterica.

La causa principale.

Nella cistite, le cause che possono portare all’insorgenza del problema e alle continue ricadute sono più d’una. Al di là di quelle strettamente anatomiche a cui spesso si fa riferimento, come ad esempio la vicinanza dell’uretra all’ano che favorirebbe la colonizzazione del canale uretrale da enterobatteri patogeni, spesso il vero problema che rende la donna più esposta a questo tipo di infezioni è l’alterazione della flora batterica locale, quindi vagina e uretra e, a monte, di quella intestinale. Il che significa che la probabilità di sviluppare un’infezione vescicale dipende non solo dalla patogenicità dei microbi e dalla relativa carica infettante ma in misura molto più rilevante dai sistemi di difesa della persona tra cui, in primis, la presenza di una buona ed efficiente flora batterica di tutto il circuito delle muscose capace di agire efficacemente come prima linea di difesa nei confronti dei patogeni locali e sistemci. Inoltre, come per tutte gli altri tipi di manifestazioni infiammatorie dei diversi distretti corporei, anche nel caso della cistite l’infiammazione può essere facilitata da una generale diminuzione della resistenza fisica e delle forza reattiva della persona che pertanto andrà sostenuta con opportune pratiche e rimedi.

Possiamo pertanto asserire che tra le varie concause dei diversi tipi di cistite, l’intestino e il microbiota che lo abita, sono praticamente sempre coinvolti. Questo equivale a dire che la presenza di un microbiota intestinale caratterizzato dalla disorganizzazione più o meno spinta dei diversi ceppi batterici simbionti (amici)  rispetto a quelli più aggressivi e potenzialmente patogeni, rappresenta il target primario per risolvere in maniera stabile il problema della cistite soprattutto se caratterizzata da frequenti recidive.

PH e flora patogena

In caso di cistite, la valutazione del PH urinario rappresenta un elemento di importanza non certo secondaria. Il PH rappresenta la concentrazione degli ioni idrogeno nell’urina e quando il suo valore scende sotto il 5 significa che si ha un’urina acida ovvero l’ambiente perfetto per la proliferazione dei batteri patogeni che giungono alla vescica.

La presenza di un’urina acida con dosi eccessive di ioni idrogeno è spesso il risultato di una condizione cronica di stress ossidativo a sua volta alimentata da stress di vita ed emozionale, fumo, alcool (basta solo qualche bicchiere in più per alterare un certo equilibrio), sovraccarichi alimentari (inopportunamente chiamati “intolleranze alimentari”), carenza di ossigenazione nei tessuti e una conseguente carenza di molecole in grado di alcalinizzare l’organismo. In questo contesto vorrei sottolineare che anche la progressiva perdita di muscolo, spesso conseguente a diete ipocaloriche, contribuisce a produrre un eccesso di ioni idrogeno e quindi ad acidificare sia fluidi che matrice cellulare dei tessuti.

Cosa mangiare in caso di cistite

Scegliere un’alimentazione sensata in caso di cistite è effettivamente molto importante. Per trattare in maniera profonda, efficace e duratura il problema infatti, è necessario impostare un “programma integrato” che si fondi tanto sull’utilizzo di alcune sostanze assunte come supplementazione in base ad uno specifico razionale (d-mannosio, oligoelementi, erica, uva ursina, mirtillo rosso, astragalo etc.) quanto su un’alimentazione finalizzata ad disinfiammare le mucose e, importantissimo, a favorire il ripristino dell’eubiosi intestinale.

Occorre pertanto eliminare gli alimenti composti da farina di frumento e orientarsi in maniera netta verso l’assunzione di cereali integrali quali avena, quinoa, miglio, grano saraceno, teff. Eliminare o a seconda dei singoli casi ridurre a massimo un paio di pasti a settimana formaggi e latticini in genere, eliminare salumi, grassi animali e grassi industriali ovvero prodotti quali pan carrè, grissini, biscotti, valdostane, panini, crackers e tutti gli altri prodotti da forno di produzione industriale. Questi prodotti infatti, hanno la caratteristica di indurre e cronicizzare la produzione di numerose citochine infiammatorie a livello delle mucose intestinali e attraverso questa via concorrono alla continua alterazione della flora batterica che appunto sulle mucose dovrebbe trovare, per potersi installare e riprodurre, il suo habitat più confortevole. A fronte della riduzione di queste categorie di alimenti a forte potenziale infiammatoria e pertanto anche acidificante, è necessario aumentare in maniera consistente l’assunzione di frutta fresca e verdura cruda aiutandosi in questo senso anche con dei bei bicchieroni di  centrifugati ed estratti. E’ importante tuttavia non buttare la parte di cellulosa separata durante la produzione dei centrifugati/estratti ma riunirla, almeno in parte, al succo, rendendolo quindi un po’ più denso, in quanto di fondamentale importanza per il nutrimento della flora intestinale.  In termini alimentari sia frutta fresca che verdura, ancor meglio se verdura cruda, rappresentano la principlae fonte di minerali e sostanze basificanti che quindi consentono di contrastare efficacemente l’innalzamento del grado di acidità presente nel lume intestinale.

I mirtilli rossi e il relativo succo sono di particolare beneficio nel trattamento delle infezioni delle vie urinarie. Diversi stuti dimostrano come il succo di mirtillo riduca la capacità dell’E.Coli, un dei più frequenti agenti patogeni nelle cistiti comuni, di aderire alla muscosa della vescica e dell’uretra. Va tuttavia ricordato che la maggior parte del succo di mirtillo in commercio, così come dei relativi integratori a base di mirtillo, contiene circa un terzo di zucchero che invece ha l’effetto diretto di alterare la flora batterica intestinale e di acidificare il lume intestinale . Attenzione quindi a cosa si assume.

Molto consigliati sono anche i prodotti fermentati naturalmente quali miso, crauti, kefir, cetriolini (sì quelli comuni da aperitivo che trovate in barattolo di vetro) per il loro effetto pre e probiotico a vantaggio del microbiota intestinale.

In caso di cistite inoltre, è opportuno consumare in abbondanza aglio e cipolla per le loro proprietà antimicrobiche e immunostimolanti.

Cosa bere in caso di cistite.

Bere acqua in quantità è molto importante durante una cistite e ovviamente anche per la sua prevenzione nei soggetti predisposti. A questo proposito, per alcuni giorni è consigliabile aggiungere per ogni litro d’acqua da bere nel corso della giornata, un cucchiaino di bicarbonato di sodio in modo da contribuire attraverso questa via ad alcalinizzare i fluidi corporei e conseguentemente la matrice cellulare. Esistono in commercio anche sali basificanti venduti in polvere o compresse e soprattutto in alcuni casi si tratta di supporti molto utili (soprattuttuo dove l’alimentazione non può arrivare in tempi relativamente rapidi) ma per la loro assunzione è meglio affidarsi al consiglio di esperti.

Ossigenazione

Altro aspetto da non sottovalutare è incrementare l’ossigenazione dei tessuti e questo si può e si deve ottenere facendo del movimento aerobico quotidiano soprattutto in caso di infezione: passeggiate, nuoto, corsetta, ginnastica (anche 20’ meglio se all’aperto). Ciò al fine di introdurre maggiori volumi di ossigeno. Tecniche di respirazione consapevole in brevi sessioni ripetute durante la giornata, sono altresì molto indicate allo stesso scopo.

Monitoraggio del PH urinario.

Infine per misurare se tutte queste azioni sono efficaci per mantenere l’ambiente vescicale “inospitale” per i batteri patogeni e quindi tendenzialmente caratterizzato da un PH a valore 6, può essere opportuno misurare per alcuni giorni il PH della propria urina al mattino e durante la giornata con l’aiuto di apposite cartine tornasole che, a seconda della modifica della colorazione dopo essere state bagnate sotto il getto dell’urina, consentono un immediato riscontro della situazione.